Dal 1°gennaio gli addebiti automatici potrebbero non essere più consentiti sui conti correnti se non coperti da liquidità sufficienti.
Il suggerimento alle imprese, senza creare inutili allarmismi, è di verificare la propria posizione con la banca
Le nuove regole europee che le banche devono utilizzare per identificare le esposizioni in stato di default sono disciplinati a livello europeo dal Regolamento sui requisiti di capitale delle banche. Ma è proprio vero che basterà uno sconfinamento di 100 euro per essere segnalati in default e diventare cattivo pagatore anche se non è mai accaduto prima?
Lo sconfinamento deve superare la “soglia di rilevanza”, cioè superare contemporaneamente sia una soglia assoluta (100 o 500 euro, se si è privato nel primo caso, se si è impresa nel secondo), sia una relativa (1% dell’esposizione totale); inoltre lo sconfinamento deve protrarsi per oltre 90 giorni consecutivi (in alcuni casi come per le amministrazioni pubbliche, 180 giorni).
In vigore regole più stringenti
A rispondere così è Bankitalia intervenuta con un chiarimento sulla questione relativa all’entrata in vigore del Regolamento Eba (1 gennaio 2021) relativo alle regole sui requisiti di capitale che dal primo gennaio potrebbe cambiare (in quegli istituti dove le novità non sono state ancora ratificate) i rapporti tra clienti e banche. Le nuove regole sono il frutto di un compromesso negoziale europeo e per l’Italia introducono criteri differenti da quelli attualmente utilizzati per alcuni aspetti più stringenti. Il cliente rischia di finire nella lista nera per effetto di una nuova classificazione di default.
A partire dal 1° gennaio prossimo, gli intermediari devono classificare in stato di default il cliente che non adempie per tre mesi alle proprie obbligazioni creditizie vantate dal gruppo bancario o finanziario nei suoi confronti qualora l’ammontare dell’inadempimento è superiore sia a 100 euro sia all’1% del totale delle obbligazioni creditizie complessivamente vantate dalla banca. In sostanza, da gennaio gli addebiti automatici potrebbero non essere più consentiti sui conti correnti se non coperti da liquidità sufficienti. Per molti correntisti, sia imprese che privati, soprattutto alle prese con le conseguenze economiche subite a causa dell’epidemia da Covid-19, si potrebbe prospettare il rischio di uno stop ai pagamenti di utenze, stipendi, contributi previdenziali, rate di
finanziamenti.
Quando lo sconfinamento è consentito
Queste nuove regole non vietano che si possano consentire sconfinamenti: come già ora, le banche, nel rispetto delle proprie policy, possono consentire ai clienti di sconfinare oltre la disponibilità presente sul conto ovvero, in caso di affidamento, oltre il limite di fido. La possibilità di sconfinare non è un diritto del cliente, ma una facoltà concessa dalla banca, che può anche applicare commissioni (la cosiddetta CIV, commissione di istruttoria veloce). Dal 1° gennaio, come già in passato, le banche potranno continuare a consentire ai clienti utilizzi del conto, anche per il pagamento delle utenze o degli stipendi, che comportino uno sconfinamento. Si tratta tuttavia di una scelta discrezionale della banca, che può consentire oppure rifiutare lo sconfinamento. È quindi importante conoscere bene il contratto stipulato con la propria banca e dialogare con essa.
Gli effetti della classificazione a default
Se un debitore è classificato a default sulla base della nuova definizione, non è classificato automaticamente anche “a sofferenza” nella Centrale dei Rischi. La definizione di “sofferenze” non viene toccata dalle nuove regole europee sul default. Gli intermediari segnalano un cliente “in sofferenza” solo quando ritengono che abbia gravi difficoltà, non temporanee, a restituire il suo debito. La classificazione presuppone che l’intermediario abbia condotto una valutazione della situazione finanziaria complessiva del cliente e non si sia basato solo su singoli eventi, quali ad esempio uno o più ritardi nel pagamento del debito. Non vi è dunque alcun automatismo tra la classificazione a default e la segnalazione a sofferenza in Centrale dei Rischi. Pertanto non è vero che basta uno sconfinamento o un ritardo nei pagamenti per somme anche solo di 100 euro per dar automaticamente luogo a una segnalazione a sofferenza, con il conseguente rischio di compromettere o rendere più oneroso il futuro accesso al credito del cliente presso l’intero sistema bancario.
Cosa fare
Chi può rischiare di trovarsi in questa situazione è bene che verifichi al più presto la sua posizione. In particolare, è importante verificare tempi e limiti di spesa delle proprie scadenze. Consigliamo, pertanto alle imprese, senza inutili allarmismi, di prendere contattare con il direttore di banca o con il proprio gestore di relazione per allertarlo su un’eventuale situazione critica e di concordare, nel caso, un piano di rientro.