Conti correnti: chi va in rosso rischia di essere segnalato come “cattivo pagatore”

15 Gen 2021

Dal 1°gennaio gli addebiti automatici potrebbero non essere più consentiti sui conti correnti se non coperti da liquidità sufficienti.
Il suggerimento alle imprese, senza creare inutili allarmismi, è di verificare la propria posizione con la banca

Le nuove regole europee che le banche devono utilizzare per identificare le esposizioni  in  stato  di  default sono disciplinati a livello europeo dal Regolamento  sui  requisiti di capitale delle banche. Ma è proprio vero che basterà  uno  sconfinamento  di  100 euro per essere segnalati in default e diventare   cattivo  pagatore  anche  se  non  è  mai  accaduto  prima? 
Lo sconfinamento  deve  superare  la  “soglia  di  rilevanza”,  cioè  superare contemporaneamente sia una soglia assoluta (100 o 500 euro, se si è privato nel  primo  caso,  se  si  è  impresa  nel  secondo),  sia una relativa (1% dell’esposizione totale); inoltre lo sconfinamento deve protrarsi per oltre 90  giorni  consecutivi  (in  alcuni  casi  come  per  le  amministrazioni pubbliche, 180 giorni).

In vigore regole più stringenti

A  rispondere  così  è  Bankitalia  intervenuta  con  un  chiarimento sulla questione  relativa  all’entrata  in  vigore del Regolamento Eba (1 gennaio 2021)  relativo alle regole sui requisiti di capitale che dal primo gennaio potrebbe  cambiare (in quegli istituti dove le novità non sono state ancora ratificate) i rapporti tra clienti e banche. Le nuove regole sono il frutto di  un  compromesso  negoziale  europeo  e per l’Italia introducono criteri differenti   da  quelli  attualmente  utilizzati  per  alcuni  aspetti  più stringenti.  Il  cliente  rischia di finire nella lista nera per effetto di una nuova classificazione di default.
A  partire dal 1° gennaio prossimo, gli intermediari devono classificare in stato  di  default  il  cliente  che  non adempie per tre mesi alle proprie obbligazioni  creditizie vantate dal gruppo bancario o finanziario nei suoi confronti qualora l’ammontare dell’inadempimento è superiore sia a 100 euro sia  all’1%  del  totale  delle  obbligazioni  creditizie  complessivamente vantate  dalla  banca.  In  sostanza,  da  gennaio  gli addebiti automatici potrebbero  non  essere più consentiti sui conti correnti se non coperti da liquidità  sufficienti.  Per  molti  correntisti,  sia imprese che privati, soprattutto  alle  prese  con  le  conseguenze  economiche  subite  a causa dell’epidemia  da  Covid-19, si potrebbe prospettare il rischio di uno stop ai  pagamenti  di  utenze,  stipendi,  contributi  previdenziali,  rate  di
finanziamenti.

Quando lo sconfinamento è consentito

Queste  nuove  regole  non vietano che si possano consentire sconfinamenti: come  già  ora,  le  banche,  nel  rispetto  delle  proprie policy, possono consentire  ai  clienti  di  sconfinare oltre la disponibilità presente sul conto  ovvero,  in  caso  di  affidamento,  oltre  il  limite  di  fido. La possibilità  di  sconfinare  non  è  un diritto del cliente, ma una facoltà concessa  dalla banca,  che può anche applicare commissioni (la cosiddetta CIV,  commissione  di  istruttoria  veloce).  Dal  1°  gennaio, come già in passato, le banche potranno continuare a consentire ai clienti utilizzi del conto, anche per il pagamento delle utenze o degli stipendi, che comportino uno  sconfinamento.  Si  tratta  tuttavia di una scelta discrezionale della banca,  che  può  consentire  oppure  rifiutare  lo sconfinamento. È quindi importante  conoscere  bene  il  contratto stipulato con la propria banca e dialogare con essa.

Gli effetti della classificazione a default


Se un debitore è classificato a default sulla base della nuova definizione, non  è classificato automaticamente anche “a sofferenza” nella Centrale dei Rischi. La definizione di “sofferenze” non viene toccata dalle nuove regole europee  sul default. Gli intermediari segnalano un cliente “in sofferenza” solo  quando  ritengono  che  abbia  gravi  difficoltà,  non  temporanee, a restituire il suo debito. La classificazione presuppone che l’intermediario abbia condotto una valutazione della situazione finanziaria complessiva del cliente  e non si sia basato solo su singoli eventi, quali ad esempio uno o più ritardi nel pagamento del debito. Non vi è dunque alcun automatismo tra la classificazione a default e la segnalazione a sofferenza in Centrale dei Rischi.  Pertanto  non  è vero che basta uno sconfinamento o un ritardo nei pagamenti  per somme anche solo di 100 euro per dar automaticamente luogo a una  segnalazione a sofferenza, con il conseguente rischio di compromettere o  rendere  più  oneroso  il  futuro  accesso al credito del cliente presso l’intero sistema bancario.

Cosa fare

Chi  può rischiare di trovarsi in questa situazione è bene che verifichi al più  presto la sua posizione. In particolare, è importante verificare tempi e  limiti  di  spesa  delle  proprie  scadenze.  Consigliamo, pertanto alle imprese,  senza inutili allarmismi, di prendere contattare con il direttore di  banca  o  con  il  proprio  gestore  di  relazione  per  allertarlo  su un’eventuale  situazione  critica  e  di  concordare, nel caso, un piano di rientro.